resistenzainternazionale

Oggi il mondo finisce a Santiago

In Internazionale on 25/07/2013 at 12:36

cabo-de-finisterre

Di @MonicaRBedana

Oggi il mondo finisce un centinaio di chilometri prima di Finisterre. Termina a Santiago, su una curva che per troppi passeggeri di un treno diventa un capolinea. Settantanove i morti e il fiato sospeso per l’evoluzione di quei venti feriti gravi che tutti vogliamo nella lista dei vivi. Le autopsie iniziate da poco, necessarie le prove del DNA per accertare l’identità delle vittime; una procedura che moltiplica all’infinito lo strazio dei familiari.

E’ un giorno in cui non importano a nessuno i dati che oggi raccontano  la discesa più significativa della disoccupazione dall’inizio della crisi. Si torna sotto la soglia psicologica dei sei milioni di persone ma sono ben altre le tensioni psicologiche che sta affrontando il Paese (e tutti sanno che meno disoccupazione arriva solo a patto di più precarietà. E allora che notizia buona è in questa giornata già nefasta).

Lo sguardo di tutti è liquido e granitico su quelle rotaie, in attesa di risposta, su quella curva quasi in città, proprio sotto il cavalcavia dell’autostrada più importante della Galizia. Una curva netta, che sbarra improvvisa una corsa dritta lunga 80 chilometri, l’ottovolante senza preavviso che tutti coloro che hanno viaggiato sull’alta velocità tra Ourense e Santiago conoscono. Quel virare inatteso che ti porta lo stomaco in gola anche quando fila tutto liscio. In quel tratto l’AVE non ha via propria ma percorre un vecchio tracciato di epoca franchista che forse mal sopportava il dimezzamento letterale e brusco della velocità di crociera. E’ anche una zona monitorata solo dal sistema di controllo locale dei parametri; una specie di buco nero sche sfugge al monitoraggio dell’ European Rail Traffic Management System.

Le testimonianze di alcuni passeggeri, secondo i quali il deragliamento si sarebbe prodotto dopo uno scoppio, ci riporta inevitabilmente ad un’altra stazione, su altre rotaie, sulle coperte invernali e pietose stese dai vicini a riscaldare i vivi e proteggere i morti. La stessa solidarietà sollecita che su una sera d’estate ha steso lenzuola, ha dato conforto ed è accorsa a donare sangue ovunque.

Sulle primissime battute della tragedia, ai dubbi sull’esplosione si unisce il ridicolo delle condoglianze ufficiali del Presidente Rajoy; un testo in cui si mescolano per errore (umano, questo, senza ombra di dubbio) le vittime di Santiago con quelle del terremoto di Gansu, in Cina, lunedì scorso.

. E lì per lì viene spontaneo pensare che il Governo stia tentando nuovamente di mescolare le carte, come quell’undici marzo del 2004 quando faceva comodo scaricare frettolosamente le colpe sull’ETA per garantirsi in extremis la sopravvivenza politica. La Spagna non è più così ingenua, le illusioni di quel Paese che inaugurava entusiasta l’alta velocità per l’Expo di Siviglia nel ’92 si sono schiantate sotto il peso dei sacrifici inutili. E nessuno crede più a una parola di questo Presidente che ha ufficialmente dichiarato la Spagna non più libera e sovrana, ma venduta, precaria e corrotta. Ed è facile prevedere insofferenza anche verso gli abbracci che la famiglia reale è solita dispensare in queste occasioni; di reale la gente oggi vuole solo risposte, dalla curva di Santiago a quella dell’economia.

Mi chiedo se ancora una volta il destino della Spagna si ribalterà sulle lamiere di un treno.

PS: La foto sopra il post è di Finisterre. Ci sono dolori che non sopporto di vedere e che riesco a condividere intimamente anche senza immagini. Per quanto mi sforzi di capire che l’informazione, oggi, debba sempre viaggiare a 190 all’ora.

  1. […] scritto qui. In uno di quei giorni in cui so che apparterrò sempre a due Paesi senza tradirne […]

Lascia un commento